martedì 18 dicembre 2012

Quanto può essere violento un "Ti amo", se a dirlo è la mente?

Quanto può essere violento un "Ti amo", se a dirlo è la mente?

Quanto è realmente la sottolineatura di uno stato traboccante dell'Essere, che trova canale di sfogo in una creatura affine con la capacità di accogliere e capire questa forza?
Quanto questa forma verbale viene davvero utilizzata consapevolmente per ridondare una manifestazione benevola, comunque troppo grande e potente per non essere già evidente?
Quante volte è il cuore a usare la voce come ulteriore valvola di sfogo per un'energia così incontenibile?

Quante volte, invece, questa formula magica viene strumentalizzata dalla mente, in maniera spesso inconsapevole, con il fine di manifestare indirettamente delle paure, dei bisogni dell'ego, e a volte per cercare di creare una rete di vincoli che inchiodino l'altra persona a se, facendo leva su sentimenti come sensi di colpa, pena o sensazione di essere in debito?

Ti amo (non mi lasciare)
Ti amo (devi fare altrettanto)
Ti amo (non ferirmi)
Ti amo (rassicurami)
Ti amo (non distrarti d me)

Siamo in grado lasciar dire al cuore: "Ti Amo." ?
e, invece: "Amo." ?
e: ""?

Cosa ne pensate?

martedì 4 dicembre 2012

Effetti (minori) del testimone

Praticare l'auto osservazione passeggiando con Laila è un'attività ormai consolidata.
E' chiaro che non riesco a essere presente in ogni frangente del giretto: è facile che mi imbatta in distrazioni, e il testimone non è ancora così determinato ad avere la meglio sulla mente giudicatrice, sempre pronta a intervenire.
Ci sono circostanze, però, in cui riesce a fare "il suo lavoro" nonostante gli eventi esterni non favorevoli. E' capitato di recente in presenza degli amici cinghiali nel sentiero, e in presenza del maledetto autobus che tanto fa imbestialire la povera cagnetta.
Per quanto mi divertano le dinamiche che si sviluppano dagli incontri bi-pelosi cane-cinghiale (questi ultimi, da quanto ne ho potuto osservare il comportamento, sono come irsuti cani), parlerò di autobus e me.

E veniamo al dunque.
Laila ha degli evidenti problemi con quei grossi animali grigio/arancioni che bazzicano per i sentieri asfaltati. Proprio non riesce a mandare giù la loro arrogante presenza, con quei rombi gravi e fischi assordanti, e non perde occasione per far notare loro il disappunto con imbarazzanti scenate pubbliche.
La mia personalità si indispone proporzionalmente al grado di nervosismo manifestato dalla iena domestica. E' un meccanismo automatico, semplice da osservare, da ABC del testimone, ma è comunque importante segnarlo nel tacquino immaginario e farne tesoro.
Mi è capitato di osservare un altro scherzo meccanico della mente, forse un po' meno evidente, che è poi il punto centrale di questo prolisso post.
Oggi il testimone è stato vigile in moto, tornando a casa. Lo è stato mentre posteggiavo, e anche mentre camminavo verso il portone con la spesa in mano.
A un tratto compare, imponente, il tonante bestione metallico.
Bene, ho osservato la mia chimica propormi la stessa sensazione di fastidio, sebbene avessi al guinzaglio soltanto un sacchetto di crocchette.
Quindi non solo la mente reagisce autonomamente agli stimoli, ma nella sua meccanicità neanche si preoccupa di analizzare il contesto!

Oggi mi sono regalato un nuovo stimolo nella ricerca di liberazione dall'identificazione con la mente.

Ok, non sono un maestro della sintesi. ;-)

venerdì 21 settembre 2012

Schiavi di un tempo che non c'è (la ragazza mi ha lasciato)

La ragazza mi ha lasciato.
Si, questo post tira in ballo vicende personali. Magari sarà solo uno sfogo, ma diamine, è o non è il mio spazio? Tuttavia sono convinto di poter offrire qualche spunto di riflessione a chi mi legge.
E' accaduto più di un mese fa.
Come ci si sente quando si viene scaricati? cosa accade dentro di noi quando l'altra mezza mela, guardndosi allo specchio, si rende conto di essere un altro frutto?
Inutile descrivere minuziosamente la miriade di stati d'animo e pensieri che affollano viscere e mente, tutti ne hanno almeno una vaga idea. Parafrasando: si sta una merda.
Se poi aggiungiamo una sbandata colossale per una persona ritenuta (forse idealizzandola più del dovuto) perfettamente complementare e conclusa tristemente con una metaforica badilata sul muso, beh... due chiodi nello stesso buco fanno proprio male.
No, non ADESSO.
Ho provato a mettere in pratica alcuni degli insegnamenti assimilati e praticati blandamente fin dall'inizio del mio percorso, questa volta con particolare intensità, con un'energia rinnovata, forse canalizzando quella che meccanicamente sarebbe stata dispersa in una tanto liberatoria, quanto inutile, disperazione.
Sia inteso, in questi giorni più di una volta mi sono trovato a dar sfogo a frignamenti catartici con rischio disidratazione, ma a un certo punto mi sono reso conto di una cosa eccezionale, nella sua disconosciuta banalità: lo star male è legato al tempo. Pensavo al passato trascorso con la mezza-non-mela e stavo male. Cercavo di osservarmi, di osservare il mio corpo nello spazio in quel preciso momento, i miei pensieri e sentimenti che fluivano incontrollati e questi ultimi perdevano graduatamente efficacia. Pensavo all'occasione mancata con quello splendido esemplare di mezzo-chissàquale-fruttoesotico e l'ansia e la tristezza comparivano inesorabili. Cercavo di dare forma con determinata intenzione al mio testimone e mi rendevo conto che in quel particolare "adesso" non stavo per niente male.
Cosa stava (sta) accadendo, dunque?
Sto facendo esperienza, sto mettendo in pratica quanto appreso.
Lo facevo anche prima, ma questa volta ho a disposizione una delle palestre meglio attrezzate per lo scopo: la sofferenza.
E' nella sofferenza che si possono assaggiare meglio alcuni aspetti degli inganni della mente. Anzi, sto iniziando a intuire che la sofferenza non è altro che il frutto dei sui inganni.
Sto rendendomi conto di come la mente si nutra ed operi agevolmente tra ricordi e previsioni, facendomi annegare in un mare di malinconie, paure, sogni (apparentemente) irrealizzabili, ansie e quant'altro. Ma nell'istante presente essa perde tutto il suo potere, anzi, può diventare una creativa alleata.
Il passato e il futuro non sono concreti! Esistono sotto forma di ricordo e proiezione, ma sempre come creazioni della mente! Possono essere utilizzati come bagaglio di esperienza e stimolo creativo, ma a trasformarli in stati d'animo è una mente della quale non si ha controllo.
Vivere nel presente significa anche prendere contatto con la mente per quello che effettivamente é: uno strumento. Perdersi in balia di ricordi e speranze significa lasciarla agire autonomamente facendole credere di avere una propria identità, fino a farci identificare in essa, che è poi la condizione naturale di gran parte di noi.

Ora sto bene. Rievoco il passato per gustarmi i bei momenti trascorsi, ma non mi lascio travolgere dall'idea che non potrò viverne altri.
Non mi sento arrivato da nessuna parte, mi aspetto qualche violenta ricaduta perché non riesco a essere presente in ogni momento delle mie giornate. Ma sempre più di frequente mi capita di fermarmi, osservarmi, e vedere la mente turbinare nei suoi deliri. E' proprio in quei momenti che la poveretta mi si rivela per quello che é. Dunque provo ad accettarla, la lascio fare, continuo ad osservarla in silenzio, provando quella sensazione di distacco che placa lo star male.

Mi starò prendendo per il culo? Credo di no. Anche se posso aver espresso quanto sto vivendo in maniera sconfusionata e imprecisa, dentro di me sento il lento concretizzarsi di una visione dell'Essere differente.
Buon viaggio Ale.


Come al solito, accetto ogni tipo di commento!

giovedì 3 maggio 2012

LE ABITUDINI DI MASSA COME STRUMENTO DI CONTROLLO

Copio e incollo brutalmente questo articolo che ho trovato davvero interessante:


LE ABITUDINI DI MASSA COME STRUMENTO DI CONTROLLO

di Marco Canestrari

fonte :   http://eccocosavedo.blogspot.com
Redatto da Pjmanc: http://ilfattaccio.org

 


LA POSSIBILITA’ DI GESTIRE LE MODE
e le culture di una popolazione è alla base del moderno potere economico e politico. Una maniera molto profonda di controllare i consensi delle masse e di limitarne il rinnovamento è quella di farle abituare a dei comportamenti piacevoli che siano il più possibile continuati nel tempo. Si inizia sempre con abitudini leggere e attraenti fino ad arrivare a delineare degli schemi di comportamento che siano influenzabili dall’alto. Una volta che si crea una tendenza a cui un enorme massa di persone preferisce non rinunciare, allora si è instaurata una sorta di dipendenza. Gran parte del controllo sulla popolazione nasce dalla prevedibilità di questo consenso.

UN PICCOLO PIACERE IN CAMBIO DI UN PICCOLO IMPEGNO
Per perseguire questo scopo, tutte le grandi iniziative che ci verranno proposte, oltre ad essere attraenti, richiederanno anche un nostro impegno futuro. Avremo gratis una carta ricaricabile per ogni aspetto della vita. Gli abbonamenti e i finanziamenti saranno sempre più convenienti rispetto al pagamento singolo in contanti. Avremo sempre più vincoli futuri e sempre meno tempo per poter valutare le altre offerte, che, tra l’altro, si assomiglieranno sempre di più.I media, dal canto loro, proporranno continuamente ogni aspetto di questa cultura che tutti impareremo a conoscere ed imitare. Le fasce più deboli ed influenzabili non si sentiranno più a loro agio se non raggiungeranno i livelli di ricchezza materiale e di approvazione sociale imposti dall’alto. La competitività e l’aggressività saranno solo alcune delle reazioni sociali alla situazione di diffuso disagio interiore. In pubblico invece, si continuerà fino all’ultimo a mettere in mostra una bella facciata in linea con le tendenze imposte dall’alto, creando così un forte contrasto fra quello che siamo veramente e quello che ci sentiamo spinti a dover sembrare. Più la nostra esistenza diventa vuota e insoddisfacente, più facilmente continueremo a seguire e difendere le poche abitudini piacevoli che abbiamo, magari anche virtuali. Possiamo addirittura smettere di cercare soluzioni ai nostri problemi e alienarci nell’immaginario di una perfetta seconda vita virtuale come nei giochi del genere di Second Life.

ANCHE NELLA RETE
si progettano piattaforme che facciano impegnare emotivamente l’utente nel futuro. Ad esempio, se non si accede a Farmville per un certo periodo di tempo, si brucia il raccolto virtuale e non si può più fare bella figura con i propri contatti. All’inizio basta dedicargli due minuti al giorno, ma una volta acquisita una certa dipendenza sarà l’ingegnere che progetta il gioco a decidere se gli utenti dovranno utilizzare quell’applicazione per 5 o 10 minuti al giorno, magari aggiungendo una nuova strepitosa attrattiva a cui non si può rinunciare. Va da se, che il tempo che passano milioni di utenti su una determinata piattaforma viene immediatamente tradotto in denaro sfruttando le maniere più diverse.

INSOMMA PER POTER CONTROLLARE
le masse ogni attività deve trasformarsi sempre di più in un routine da ripetere nel tempo. Vengono pensati per noi degli stili di vita piacevoli e attraenti ma che richiedono qualche tipo di legame. Quando una parte di popolazione acquisirà un certo fastidio ad abbandonare questi comportamenti, allora chi ha il potere di determinare quei vincoli inizierà a modificarli verso una moda sempre più attraente e allo stesso tempo più impegnativa. Si viene così a creare una fitta rete di dipendenze e anche di impegni da mantenere che può facilmente venire manipolata dall’alto per preparare il terreno a nuovi guadagni su ampissima scala. Il vantaggio economico o politico sotto questa ottica non presentano differenze: Controllando l’intera rete di vincoli e di abitudini si può influenzare qualsiasi tipo di consenso futuro. Le iniziative commerciali e politiche che avranno più successo saranno infatti, quelle che tengono il soggetto finale più legato e coinvolto, su cui passa più tempo e investe più energia.

IL BOICOTTAGGIO NON E’ SUFFIFICENTE
Non avverrà mai un cambiamento generale contro le abitudini e il consenso delle masse. A parte casi particolari, le grandi masse non si muovono mai verso ciò che è scomodo e istintivamente meno attraente. Nessun ragionamento razionale potrà mai forzare le masse a smettere di difendere una moda che procura una certa soddisfazione. Per questo lo strumento del Boicottaggio è inefficiente: se fatto contro le abitudini della massa sarebbe come imporre a qualcuno di smettere di fumare o cercare di fargli lasciare il fidanzato violento. Anche le azioni dannose sono difficili da abbandonare quando abbiamo acquisito un coinvolgimento emotivo verso di esse. Staccarsi dall’abitudine piacevole procura un fastidio che la ragione da sola non può colmare. L’arma del Boicottaggio, ovvero quella del “non guardare quel canale” o del “non acquistare quel prodotto”, sotto questo aspetto è estremamente limitata perché si scontra con una marea umana che difende la libertà di scegliere il suo comportamento piacevole.

COME POSSIAMO DIFENDERCI? NON PRENDIAMO IMPEGNI
Diffondiamo a tutti queste conoscenze e evitiamo di fare scelte che prevedono impegni o dipendenze a lungo termine. Lasciamoci sempre la libertà e il tempo di decidere valutando in ogni momento le nuove opportunità. Facciamo conoscere a tutti come si può utilizzare la rete per reperire le più diverse informazioni e soprattutto proponiamo delle abitudini alternative sane e meno controllabili dall’alto. Una persona che vive la sua vita in maniera piena e soddisfacente è molto meno soggetta ad essere abbagliata dalle facili attrattive che gli vengono proposte. Cerchiamo di evitare che i giovani di domani crescano con la dipendenza dalla tv e con il problema dello shopping compulsivo. Mostriamogli da ora che esistono anche altri modi di vivere altrettanto piacevoli che non si basino solo sulla necessità di mostrarsi alla moda, o di diventare ricchi e famosi a scapito del prossimo.

sabato 7 gennaio 2012

Schiavi del consumo

Propongo un video presente in rete ormai da parecchio tempo, ma dai contenuti assolutamente attuali.
Annie Leonard spiega a grandi linee, ma con efficacia, le assurdità dei cicli produttivi delle "cose" che compriamo, soffermandosi anche sui meccanismi di condizionamento che operano alla base dei valori di crescita "infinita" e consumo sfrenato, motori delle società occidentali. A voi le conclusioni.



Si ringrazia il progetto dePILiamoci a cura di Roberto Lorusso e Nello De Padova per la traduzione e il doppiaggio italiano.
http://www.storyofstuff.com

domenica 1 gennaio 2012

NON C’E’ PIU’ LAVORO? MA CHI CAZZO LO VUOLE!!!

Propongo un articolo che ho trovato molto interessante, tratto dal blog oltrelacoltre:

 - di Gianni Tirelli -

C’è un dato oggettivo e inoppugnabile che oggi ci consegna una verità/realtà dai risvolti inquietanti, ma ancora invisibile alla gran parte della gente. Questo perché, gli individui delle società occidentali, sono avulsi da quella necessaria consapevolezza che di fatto li esonera da ogni capacità di critica e di sapere interpretare il presente quando, in animo loro, sperano ancora che qualcosa cambi e che le difficoltà del momento vengano superate.
Ma di questi tempi, la speranza è il peggiore investimento che si possa fare, se parallelamente non è affiancata da quell’azione di forza e di slancio rivoluzionario di riconversione che restano in assoluto le sole condizioni in grado di contrastare, almeno in parte, gli effetti apocalittici del tracollo dell’Impero liberista.
E sto parlando del “Lavoro”, di qualsiasi lavoro che dipenda da terzi e per il quale sacrifichiamo la gran parte della nostra vita ogni santo giorno, e i cui costi materiali, morali e umani, hanno superato di gran lunga i guadagni e i presunti vantaggi.
“OGGI LAVORARE E’ UN COSTO, CHE RIENTRA NELLA VOCE, USCITE”.
IL LAVORO dunque, NON PAGA PIU’! NON E’ PIU’ CONVENIENTE! – sotto ogni punto di vista, che sia la salute, il benessere, il futuro o la felicità. Meglio restarsene in casa ad intagliare un pezzo di legno al caldo di un camino, mentre fuori la pioggia disseta il nostro orto e alimenta il pozzo. Finalmente con i nostri figli per restituire loro il tempo dell’amore e dell’attenzione – l’imprinting che modellerà il loro carattere e deciderà le loro scelte future.
E poi basterebbe fare i “conti della serva” per capire che, di questi tempi, qualsiasi tipo lavoro, é quanto di più stupido, improduttivo e dispendioso ci possa essere. Sarebbe molto più corretto definire un tale stato di cose, “una schiavitù a piede libero” dove quei pochi spiccioli rimasti al netto delle spese e dei sacrifici, li avremmo tranquillamente guadagnati in una condizione di totale autonomia e serenità fra le quattro mura di una onorevole casetta di campagna, liberati da ogni effimero consumo e dipendenza.
UN UOMO CHE NON PUO’ DISPORRE E DECIDERE DEL SUO TEMPO, E’ UN UOMO MORTO!
Ma se non si è in grado di rinunciare a ciò che in realtà non serve, omologati all’interno di un Sistema che alimentiamo quotidianamente in virtù di necessità virtuali indotte dalla propaganda liberista, ogni nostra parola, indignazione e protesta, vanificano ogni buona intenzione.
Se non la smettiamo di ricaricare cellulari, di inoltrare vitalizi alle Pay TV, di rincorrere la tecnologia, di comprare playstation ai nostri mocciosi (rincoglioniti in erba), riempiendo la loro vita di minchiate varie (futuri rifiuti da discarica), ci siamo resi responsabili di quel tracollo morale, etico e umano che farà carta straccia del loro futuro.
Gli individui ben differenziati delle società contadine, proprio in virtù della loro autonomia, disponevano di quel tempo libero (indispensabile e necessario), che dava un senso alla loro esistenza ed era motivo di socializzazione, tradizione, fantasia, pura introspezione e svago. La variabilità del tempo, li costringeva per lunghi periodi, ad abbandonare la fatica dei campi, potendo così concedersi lunghe pause di rigenerante riposo, e in occupazioni manuali/artigianali, fonte di creatività, ispirazione e consapevolezza. Oggi con la moderna cultura liberista, ogni più remoto barlume di dignità, di felicità e di buon senso è stato per sempre cancellato. Che valore e senso abbiamo dato al nostro vivere e con quale animo affronteremo in seguito la morte?
Un uomo, costretto a lavorare otto ore ogni giorno (che piova o tiri vento), per quarant’anni della sua vita dentro una fabbrica malsana, caotica e assordante, per miserabili 1000 euro al mese, non solo è un irresponsabile ma (senza il dubbio di essere smentito), uno psicopatico. Questo, vale anche per le otto ore svendute di fronte ad un computer, o alla guida di un Tir, o alla cassa di un supermercato.
Questa non è la vita o l’estrema condizione di sopravvivenza, ma stato vegetativo. Il tempo, e la qualità della nostra esistenza, sono i beni più preziosi che abbiamo, e li dobbiamo custodire gelosamente, e nessuno ce li può sottrarre; tanto meno ad un prezzo così alto.
Che valore e senso avremo dato al nostro vivere e con quale animo affronteremo la morte?
Quel processo di semplificazione, che ha traghettato l’uomo da un passato industrioso a un presente industriale, è miseramente fallito: l’autonomia di un tempo, fonte di libertà e decoro, è degenerata in dipendenza dal Sistema e, la salutare e appagante fatica dell’uomo contadino, in lavoro meccanico, frustrante e senza dignità. Per tali motivi, l’individuo umano, cosciente e responsabile di un tempo, si è involuto in umanoide robotizzato; un automa che si attiene alle regole stereotipate di un libretto di istruzioni che il Sistema gli consegna al momento della sua venuta al mondo. A un tale uomo è negata la felicità.
L’uomo ragionevole, muore da uomo, perché la memoria delle sue azioni, sia da conforto per tutti quelli che lo hanno amato. L’uomo ragionevole cerca l’autonomia e la libertà, in una condizione d’autenticità, e di qualità della vita. Diversamente, meglio sarebbe per lui, vivere di espedienti e trovare ristoro, nel freddo di una baracca di lamiera e cartone, e che fosse la carità, a soddisfare i suoi bisogni, e le notti stellate, i suoi sogni.
L’uomo di quest’epoca insensata si deve ribellare, e riappropriare dell’unica cosa che è capace di produrre miracoli, e in grado di riesumare autentiche passioni e vere motivazioni: la Terra. La Terra, è il vero potere! Il solo potere al quale possiamo serenamente sottometterci sapendo che, domani, per noi sarà un altro giorno. Un giorno nuovo, pieno di aspettative e di speranze, di sana fatica, sereno riposo e felicità.