Salvador Dalì - Volto della Guerra |
Ci condizionano in ogni scelta (o presunte tali).
Credo che sia lo spirito di autoconservazione del complesso mente-corpo-emozioni a dare origine, seguendo un sistema piramidale, a tutte le forme di paura che, in maniera assolutamente meccanica, ci colgono quotidianamente.
Dalla paura di farsi male o ammalarsi a quella di rimanere senza lavoro o di perdere la casa, ma anche più nel piccolo, come la paura di perdere il portafogli, la paura dei ragni, dei gatti, dei coccodrilli nella doccia e dei piccioni malaticci; ogni specifica paura credo possa ricondursi, in via più o meno diretta, alla Regina di tutte le paure: la paura di morire.
Il Trinomio mente-corpo-emozioni ha la possibilità di sperimentare se stesso e il mondo esterno solo attraverso i suoi 5 sensori (bocca, naso, orecchie, pelle e occhi), quindi di percepirsi esclusivamente confinato in 3 dimensioni spaziali e una temporale, attraverso la banda vibrazionale tipica del mondo materiale. Per quanto ne sa il Trinomio esiste solo quello: materia sviluppata nello spazio che si può evolvere nel tempo. Al massimo accetta le idee di "sensazione", "pensiero" ed "emozione". Non solo: il Trinomio sa di avere una scadenza, e questo è il punto cardine.
Tutto quello che può fare, col presunto fine della continuazione della specie, è cercare di salvaguardarsi il più possibile, come il software installato nel proprio codice genetico impone, in quanto stupida macchina funzionante. Stupida non per offesa gratuita, ma per dato di fatto, perché priva di una propria volontà.
-Forse sto cercando di infilare un po' troppi concetti in un unico argomento, che prima o poi mi piacerebbe affrontare singolarmente e sviluppare.-
Tornando alle paure, trovo normale che esse esistano e si manifestino in ogni aspetto della nostra vita, sul piano materiale.
Ciò non toglie che:
-le paure sono vere e proprie prigioni, su tutti i piani personali e sociali.
-ci condizionano in ogni scelta.
Come liberarsene dunque? Forse hackerando il software genetico? Un giorno, forse, sarà possibile ma ha l'aria di una pratica con grosse controindicazioni. Sarebbe un po' come avere un'auto senza freni, o meglio con i vetri appannati... non so se la metafora rende.
Questa la mia osservazione:
diciamo sempre: "la MIA macchina, il MIO computer, i MIEI vestiti"...
poi estendiamo: "il MIO corpo", "la MIA emozione", "i MIEI pensieri"...
Mi domando, se stessimo mal interpretando il nostro Essere?
Non è che crediamo di essere ciò che in realtà possediamo? (o meglio, utilizziamo: l'idea di possesso rende bene nella spiegazione, ma non è corretta.)
Siamo quindi un'essenza che trascende il piano psico-fisico (altrimenti sarebbero sufficienti i nostri sensi a definirla) dal quale abbiamo perso il contatto?
In virtù di questo, entrare in contatto con il proprio Essere, riscoprire la propria Essenza, trovare il Sè o altri sinonimi, equivarrebbe a smettere di identificarsi col Trinomio. Così facendo, percepiremmo le SUE paure come un'espressione fenomenica di un nostro strumento, non più come uno stato dell'Essere, pertanto non ci causerebbero più sofferenza.
Tornando all'esempio dell'automobile, sarebbe come se diventassero spie del cruscotto che avvisano di un possibile malfunzionamento.
Identificandoci con il guidatore riusciremo a prendere atto di questi avvisi avendo cura dell'auto, ma consapevoli che nel caso si dovesse rompere, potremo sempre continuare a piedi.
.............. ;)
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